giovedì 21 luglio 2011

La Tempesta - Silvano Toti Globe Theatre (Roma)

Una bravissima e bellissima Mariangela D’Abbraccio in “Teresa la ladra”, domenica 10 luglio a Villa Pamphilj, testo di Dacia Maraini e musiche originali di Sergio Cammariere. La drammaturgia offre uno spaccato della società italiana dalla metà degli anni Venti fino agli anni Settanta, raccontato attraverso la storia di una ladruncola buffa e disgraziata che percorre gli eventi e la storia d'Italia.


I concerti nel parco, estate 2011 presenta
Mariangela D’Abbraccio in
TERESA LA LADRA
Che ce voi fa’…s’ha da campà
Drammaturgia di Dacia Maraini
Musiche originali di Sergio Cammariere
Testi canzoni Maraini-Cammariere
Regia di Francesco Tavassi
Musicisti Alessandro Golini (violino), Luca Pirozzi (chitarra), Gianluca Casadei (fisarmonica), Raffaele Toninelli (contrabbasso), Emanuele Pellegrini (percussioni)

Teresa è una donnina semplice, dall’esistenza difficile sin dalla nascita, una donna di paese, di famiglia umile, che subisce inconsapevolmente tutte le grandi trasformazioni di un Paese come l’Italia, dalla seconda guerra mondiale fino al boom economico. Un personaggio che non viene dalla fantasia dell’autrice, ma dalla vita (ed in parte ricorda i personaggi di Moravia); Dacia Maraini ruba, infatti, il personaggio dalle carceri dove si trovava per un’inchiesta sulle prigioni femminili.
Una donna coraggiosa, analfabeta con un’intelligenza originale e vivacissima, pronta ad ironizzare sempre sul lato nero della vita. Teresa è un personaggio straordinario nato in un’Italia dai tempi duri e difficili, ma anche pieni di sogni e metamorfosi. Teresa è sola e si fa furba, si fa ladra per sopravvivere, per non soccombere. Teresa appartiene al popolo di cui mantiene i colori inalterati e ben visibili come sulla tavolozza di un pittore.
Il racconto di Teresa, interpretata in modo straordinario da Mariangela D’Abbraccio, va dalle sfumature del dramma a quelle dell’ironia. Dà supporto all’attrice un testo, quello della Maraini, che ancora una volta fa emergere la grande capacità di scandagliare l’animo femminile attraverso una scrittura semplice, comprensibile e naturale, vicina al parlato da cui assimila numerosi modi di dire. La musica, i testi, le canzoni, interpretate dalla stessa Mariangela D’Abbraccio sono parte del racconto, parte di un’unica narrazione che prende corpo momento dopo momento davanti agli occhi dello spettatore, come se Teresa si trovasse davanti allo specchio a ridere di sé, a soffrire della propria vita, ma a non poter far a meno di raccontarla, di donarla, di darle forma ancora una volta perché, in fin dei conti, il racconto esorcizza e rende ancora vivi. Il racconto seppur doloroso è un modo per coccolarsi, per sentirsi una persona, per farsi forza. Lo spettacolo costituisce un esempio ben riuscito di teatro-canzone dove ogni mezzo utilizzato sul palcoscenico è parte del racconto, del personaggio; la valigia, compagna inseparabile di Teresa, simbolo di una vita precaria, mutevole, dove non ci sono radici o porti sicuri a cui attraccare, è vera e propria coprotagonista della scena, cessa di essere strumento per divenire simbolo; la musica e gli artisti presenti in scena non sono solo l’orchestra che suona ma diventano fantasmi, protagonisti della vita di Teresa, sono la sua famiglia, i suoi fratelli; la sedia, quella sedia a cui ci si appoggia, o che si vorrebbe tirare dietro a chi ci fa del male, quella sedia che ci contiene e ci lega. L’aspetto musicale è l’altra faccia che ha permesso a questo spettacolo di essere quello che è, una piccola perla preziosa: nove canzoni inedite che vanno dalla struttura villanesca alla canzone popolare, dalla tarantella alle filastrocche.
I temi raccontati sia in forma parlata che cantata sono quelli della guerra, della prigione e della violenza; narrati, proposti con un’ironia un po’ amara, dissacrante, divertita, quasi da cabaret e una profondità densa di figure allegoriche e metaforiche. Le canzoni sono delle vere e proprie opere d’arte che raggiungono picchi di espressività ed emozione rari nel teatro e nella musica italiana contemporanea. Sergio Cammariere, prima volta per il Teatro, già noto per le sue doti di emozionante e raffinato pianista, autore ed interprete, regala in “Teresa la Ladra” parti della sua anima artistica viva, profonda, multiforme, ironica e lirica.
Già interpretata da Monica Vitti per lo schermo, diviene monologo teatrale con Mariangela D’Abbraccio; uno spettacolo teatrale di un’ora e trenta tra musica e parole interpretato da una delle attrici migliori del mondo teatrale contemporaneo in grado di passare da ruoli drammatici a brillanti con la stessa padronanza dello strumento, con la stessa umiltà e predisposizione a far emergere di volta in volta il nuovo personaggio e mai se stessa. Una donna, un’attrice dalla rara bellezza scenica, capace di incantare sia con la recitazione che, in questo caso ancor di più, con la canzone. “Teresa la ladra”, che voi fa’ s’ha da campa’.

Villa Doria Pamphilj, Teatro Villa Pamhilj - via di San Pancrazio 10, Roma
(In caso di maltempo gli spettacoli si svolgeranno al Teatro Vascello – Via G. Carini 72)
Orario spettacoli: 21.15
Informazioni per il pubblico: 06/5816987 – 339/8041777
Biglietti: I settore Poltronissime € 25, ridotto Poltronissima 23 €, I settore Platea € 20, Ridotto I settore € 18, II settore Gradinata € 15, Ridotto II settore € 13, Formula 4X3 Tre biglietti interi/Quarto biglietto € 1

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Maurizio Quattrini

La Tempesta - Silvano Toti Globe Theatre (Roma)

Dall'1 al 17 luglio. “La tempesta”, penultima opera di Shakespeare, apre la stagione 2011 del Globe Theatre di Roma: un magistrale Giorgio Albertazzi nel ruolo di Prospero, per un’importante produzione della scorsa stagione che ha realizzato ben 8.717 spettatori in 9 repliche.






Produzione Politeama Srl presenta
Giorgio Albertazzi in
LA TEMPESTA
di William Shakespeare
Regia di Daniele Salvo
Traduzione di Agostino Lombardo
Interpreti (in ordine alfabetico)
Prospero - Giorgio Albertazzi
Stefano - Marco Bonadei
Ferdinando - Tommaso Cardarelli
Miranda - Roberta Caronia
Alonso (Re di Napoli) - Massimo Cimaglia
Sebastiano (suo fratello) - Pasquale Di Filippo
Caliban - Gianluigi Fogacci
Ariel - Melania Giglio
Francesco / Nostromo - Alessandro Loi
Adriano / Capitano - Daniele Sala
Trinculo - Marco Simeoli
Antonio (fratello di Prospero) - Carlo Valli
Gonzalo - Virgilio Zernitz
Marinai/Spiriti/ gentiluomini - Eugenio Dura, Vasco Giovanelli, Mirco Boscolo, Roberto Colombo, Valeria Brambilla, Freddy Regazzo
Scene Alessandro Chiti
Costumi Gianluca Sbicca
in collaborazione con Susanna Proietti
Musiche originali Marco Podda
Collaboratori ai movimenti Eugenio Dura, Vasco Giovanelli
Assistente alla regia Alessandro Machia
Assistente del M° Albertazzi Stefania Masala
Assistente scenografa Fabiana Di Marco
Disegno Luci Umile Vainieri
Disegno Audio Franco Patimo

Nel meraviglioso scenario del Globe Theatre di Roma, “La Tempesta” sembra trovare la sua essenza magica, il suo essere un vero e proprio artificio di un uomo che domina le forze della natura. Un allestimento scenico ricco ed importante, una rilettura articolata su piani differenti, misteriosa e dove gli elementi del meta-teatro sono ben chiari, dove spesso il personaggio di Prospero e la storia artistica del suo interprete si fondono in un’unica cornice.
La chiave di lettura offerta dal regista, Daniele Salvo, non è univoca: si va dalla più semplice, quella della narrazione del racconto dell’opera shakespeariana, alla più complessa, quella simbolica e legata ad una lettura del tempo presente come eterna connivenza del bene e del male, dei giochi, dei tradimenti e delle bugie insite nell’essere umano, della sua brama di potere.
La tempesta come simbolo di un’epoca, di quest’epoca, e della caduta a picco dei suoi ideali morali e delle regole sociali. L’isola, dove avviene tutta l’azione scenica, è un microcosmo artificioso in cui si manifestano amplificate tutte le emozioni, i vizi e le passioni di ciascun personaggio.


Un’isola, il palcoscenico, di pochi metri quadrati, un rifugio estremo, ultima spiaggia quando non ci riconosce nel mondo da cui si proviene. Un’isola bizzarra, in cui la realtà muta continuamente, un vero e proprio labirinto fisico e mentale, in cui ci si può smarrire per poi riapparire completamente mutati; in cui lo scorrere del tempo è il lento smascheramento del volto di ognuno. Come un velo, minuto dopo minuto, la maschera sociale perde peso ed importanza ed il viso, l’anima si rende manifesta per quello che è. Ognuno alla fine ritrova se stesso, la propria collocazione sociale, la propria natura. Una lettura registica sorprendente e violenta, in cui lo spazio della pura vicenda viene offuscato dalla visione magica ed onirica del racconto.
L’incipit iniziale, la scena della tempesta e del naufragio, non lascia spazio a sentimenti ed emozioni ad intermittenza; si viene immediatamente rapiti dall’azione, da un palco magico che ha molti elementi in comune con lo spazio del sogno. Quello spazio che temiamo e allo stesso tempo ricerchiamo. Uno spazio dai colori offuscati, dagli odori alterati, in cui personaggi strani e non umani vengono ad abitare e a sussurrare parole alle nostre orecchie, ad alterare e guidare i pensieri.
Sull’intera vicenda domina Prospero, esiliato dal Duca di Milano ed interpretato con pacata e forte autorevolezza dal Maestro Giorgio Albertazzi; un Prospero padrone del tempo e dello spazio, un uomo vicino alla magia, che domina gli elementi della natura più che con la forza con la persuasione. Ed in questa figura, così importante, l’attore e il personaggio si fondono in una storia che, per lo spettatore, non è solo quella della vicenda shakespeariana ma anche quella del teatro italiano. Un padre, un uomo, un mago, un demiurgo, un deus ex machina. Onnipotente nella sua isola, che è il palcoscenico. Un padre per Miranda, ma non solo; un uomo che sa far trasparire la parte paterna quando necessaria e l’autorità mai ostentata, quando ad intervenire deve essere la fermezza.
Un’isola ricca di talenti, su cui dominano, accanto a Prospero, un intensissimo e articolato Ariel interpretato dalla bravissima Melania Giglio e un mostruoso e accattivante Calibrano, Gianluca Fogacci. Ariel, un purissimo spirito, agile, sofferente, sottomesso e fantasioso servo, dai modi leggiadri ma forti, di sesso indefinito alla ricerca della propria libertà e identità. Calibrano, un essere di terra, animalesco, sofferente. I due attori si dividono gli elementi del cielo e della terra, non risparmiando nulla della loro arte, donando al pubblico e alla vicenda momenti di forte impatto estetico.


Un artificio, quello di Prospero, arricchito dagli effetti sonori e visivi che contribuiscono alla sua magia intrinseca, dagli spiritelli che accompagnano Ariel interpretati da ballerini bravissimi che dominano la scena e rapiscono gli occhi degli spettatori, da alcuni éscamotages registici di dislocazioni, apparizioni e sparizioni varie, dalla sorprendente scenografia realizzata da Alessandro Chiti, costituita da elaborati tendaggi barocchi di un unico colore e pesanti funi mobili, che ben si adatta alla struttura del Globe e al disegno luci. Nessuno spazio del palcoscenico, nessuna nicchia non è stata sfruttata e riempita di significato e di simbolismo. Una rilettura della tempesta inquietante, di grande gioco di equilibri e di notevole fascino emotivo.
Ogni gruppo, ogni piccolo microcosmo ha il suo linguaggio, il suo ritmo, le sue peculiarità.
Dolci, adolescenti e puri, i due giovani Miranda e Ferdinando; comici, brillanti Trinculo e il suo compagno; artificiale, lento il gruppo dei nobili. Magico, sfuggente appartenente al mondo dell’onirico quello di Ariel e degli spiritelli.
Al termine dello spettacolo, della tempesta tessuta come una ragnatela fittissima da Ariel, per volere di Prospero, dove ogni naufrago ha perduto l’orientamento e ha vagato a lungo tra dolore e follia per ritrovare se stesso, restano agli spettatori immagini intense come quella del banchetto offerto da Ariel, il momento in cui lo spiritello acquista la libertà e toglie la maschera, l’ultimo monologo di Prospero, il parto di Cicurax, le scene di Trinculo, le danze e i movimenti macabri degli spiritelli, il palco nudo quando alla fine scompare la scenografia.

Silvano Toti Globe Theatre – Largo Aqua Felix (Piazza di Siena) Villa Borghese, Roma
Orari spettacoli: dall’1 al 17 luglio, dal martedì alla domenica ore 21.15, lunedì riposo
Per informazioni: telefono 060608 (tutti i giorni ore 9.00-21.00)
Botteghino: viale Pietro Canonica, tutti i giorni dalle 14 alle 19, nei giorni di spettacolo fino alle 21.30; prevendite circuito Box Office Lazio – Greenticket
Biglietti: Platea posti in piedi intero €10, ridotto under 25 €8, ridotto Globecard €7
Balconate: intero da €13 a €23, ridotto da €11 a €20, ridotto Globecard da €9 a €18
Diritto di prevendita (applicabile fino a 2 ore prima dello spettacolo) da €1,50 a €2,00
Con la Globe Card (€5,00 valida per la stagione 2011, in vendita esclusivamente presso il botteghino del Teatro, nominale e non cedibile): riduzione da €3 a €4 sul costo del biglietto ordinario.
Con la Globe card si può accedere, con ingresso ridotto, ai Musei del Sistema Musei in Comune e usufruire di uno sconto del 10% al Globar.
Tutte le domeniche continua l’iniziativa “i fidanzati di Villa Borghese”. I “fidanzati” di tutte le età avranno diritto a una riduzione sul biglietto di ingresso.
Il mercoledì per gli over 65 speciale promozione “biglietto 2×1”.
Il venerdì per gli under 20 ingresso ridotto. Riduzioni non applicabili ai biglietti di platea.
Dal 2 luglio al 7 agosto tutti i sabati e le domeniche alle 19.30 i possessori
di un biglietto dello spettacolo potranno partecipare ad una visita guidata gratuita
al teatro (prenotazione obbligatoria allo 060608 max 30 persone)

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Giusi Alessio e Fabiana Magrì, Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura

Raffaello e la leggenda della Fornarina - Teatro Argentina (Roma)

Il narratore, un giornalista dei nostri giorni, Gia Fort Shoping: scrittore fallito, noto per essere un perditempo, ricostruisce la storia dell’amore che legò Raffaello e la Fornarina. Una storia in cui leggenda, realtà e fantasia si fondono in una matassa impossibile da sciogliere, dove le anime, i pensieri, il destino sembrano reincarnarsi di vita in vita.




RAFFAELLO E LA LEGGENDA DELLA FORNARINA
Opera Musicale Moderna in due atti
Musiche, libretto e liriche Giancarlo Acquisti
Regia e coreografie Marcello Sindici
Contributi alle liriche, versione inglese Alessandro Acquisti
Direzione musicale Roberto Tucciarelli, Giovanni Maria Lori
Costumi Simonetta Gregori
Scenografie Gianluca Amodio
Produzione Luigi Guardiano – Gruppo Guardiano
Responsabile di produzione Teresa Palermo
Pr e Ufficio Stampa Carla Torriani Comunicazione
Promozione turismo e estero Tiziana Conte
Assistente alla regia Lisa Giovannini
Assistenti alle coreografie Isabella Proietti, Deborah Di Mari
Collaborazioni Tiziana Argenti, Marco Angeletti, Rosy Messina, Brunella Platania
Personaggi e interpreti:
Gia Fort Shoping - Pietro Pignatelli
Fornarina - Renata Fusco
Raffaello - Michele Carfora
Lucrezia - Laura Galigani
Mario - Lorenzo Tognocchi
Tommaso - Daniele Adriani
Giacinto Luzi - Gianni Pontillo
Imperia - Luisa Ricci
Moulin Rouge - Lello Busiello
e con Cecilia Fracchia, Federica Gargano, Giulia Barbone, Beatrice Zancanaro, Anna Maria
Perilli, Serena Francucci, Corinna Capponi, Federica Fabbri, Stefano Martoriello, Mirko Boemi, Samuele Cavallo, Olti Shaqiri, Raffaele D’Anna, Emiliano Palmieri, Simone Nolasco, Francesco Consiglio

Gia Fort Shoping sta cercando una storia vera, interessante, ricca di passione, amore e scandali, una storia che abbia la forza di riscattarlo e tra una bevuta e l’altra la trova in un antico rione di Trastevere intorno ai primi del 1500. E’ la storia di Fornarina, donna bellissima, dal temperamento passionale, ispiratrice, modella e amante di Raffaello. Il grande maestro si innamora a tal punto di lei da trascurare importanti lavori commissionati dal papa e dai Chigi. Raffaello morirà nel suo letto in circostanze non chiare a soli 37 anni. La donna sconvolta da tale morte trascorrerà il resto della sua vita nel convento di S. Apollonia. Alla storia già tragica si aggiunge una leggenda che passa di bocca in bocca nel rione: alla morte di Fornarina si riunisce un tribunale composto da amici, abitanti, cari, presieduto dal ricco e potente banchiere Agostino Chigi, suo ex amante, che nutre per lei un profondo rancore e, ritenuta responsabile della morte di Raffaello, la condannerà ad una pena atroce. Sconterà le sue colpe vagando per le stanze che hanno visto concludersi tragicamente la breve vita del Pittore, fino al giorno in cui una sua discendente non la riscatterà con un grande atto d’amore. Sono trecento gli anni che passeranno fino al giorno del riscatto e sarà Lucrezia Luzi, sua discendente, a farlo, con un estremo atto di amore.

Il racconto dello scrittore si snoda su un doppio binario, quello del Cinquecento dove prendono vita i personaggi di quel periodo storico e quello dell’Ottocento: Lucrezia come Fornarina, Mario come Raffaello, Tommaso come l’antenato Chigi.


Un’opera musicale moderna che si colloca nella migliore tradizione musicale degli ultimi anni, dal Rugantino a Notre Dame de Paris, con cui troviamo molte somiglianze; un musical che parla di Roma, racconta del suo popolo, dei suoi costumi, delle sue innumerevoli leggende.
Un’opera con un cast eccezionale: dalla voce bellissima e potente di Renata Fusco che con una grande personalità e una forza espressiva fuori dal comune rompe la quarta parete, ai bravissimi ballerini. Un corpo di ballo, che non fa da corollario ai protagonisti, ma composto da veri e propri personaggi della Trastevere del Cinquecento e dell’Ottocento, una Trastevere colorata, i cui vicoli sono sempre animati da vita; una vita che pulsa di amore, ricatti, musica, danza e vere e proprie liti dove spesso si introduce il fantasma della morte. Ballerini che riempiono la scena, che non danzano solo ma partecipano, sentono e vivono quello che accade sul palco. Dalla superba orchestra alla freschezza dei volti e delle voci di Raffaello e Mario, interpretati da Michele Carfora e Lorenzo Tognocchi. Un quartetto quello di Lucrezia, Fornarina, Raffaello e Mario bello, intenso, passionale. Di grande forza scenica i passaggi in cui Fornarina ricorda i momenti della propria vita e la triste vicenda del sacrificio di Lucrezia.

La colonna sonora che si ispira alla grande tradizione del melodramma italiano, rielaborata e presentata in forma e stile moderni, è la vera protagonista di “Raffaello e la leggenda della Fornarina”. Firmata da Giancarlo Acquisti, si tratta di una partitura musicale con dei testi intensi, delle parole che sono veri e propri testamenti, dialoghi, pensieri. Testi che divengono attraverso i cantanti vere e proprie emozioni nello spazio.
Un’opera da vedere, a cui abbandonarsi, di cui godere, con cui commuoversi.

Dopo la presentazione del Musical in anteprima svoltasi al Teatro Argentina (in versione Concerto-Show con Orchestra dal vivo), lo spettacolo debutterà al Teatro Sistina i prossimi 6-7-8 luglio, un appuntamento da non perdere!

Articolo di Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Carla Torriani Comunicazione
Foto dei protagonisti tratte dal sito ufficiale del musical
 

Libertà va cercando (parte prima) - Liceo Scientifico Statale Teresa Gullace Talotta (Roma)

Lo spettacolo rientra nell’esperienza iniziata nel 2008-2009, in collaborazione con il prof. Franco Ghione e la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Tor Vergata. Obiettivo è l’intenzione di unire Ricerca, Teatro e Scienza nell’ambito delle attività di educazione alla legalità.


LIBERTA’ VA CERCANDO – PARTE PRIMA
di Marina Dore
con Ruggiero Catrini, Iacopo Fara, Francesca Guidi, Lorenzo Ippoliti, Vasilica Manole, Christian Antonio Marlats, Martina Orrico, Giuseppe Testa e con Jessica Novelli (il Tempo)
assistenza tecnica Mattia Ranaldo
regia Marina Dore

Lo spettacolo è costituito da due parti autonome, due aspetti di uno stesso tempo e sintesi della ricerca svolta nei campi espressivi della danza, del teatro e della musica. Un’unica luce crea zone dalla forma irregolare e asimmetrica: bagna gli attori e allo stesso tempo gli spettatori, sfuma la distanza tra chi agisce e chi vede, assorbe gli attori e rivela gli spettatori che vengono continuamente chiamati in causa attraverso il meccanismo del ricordo, dell’emozione, del tempo che parte dall’oggi e si avvolge per arrivare al giorno dell’Unità d’Italia. Un tempo che è scandito da poche parole, forti, toccanti; da poche immagini, specchio del reale; da alcune canzoni che vivono e vibrano in noi; da pochi racconti che appartengono ad ogni famiglia, tramandati di padre in figlio.
Un lavoro che non ha nulla da invidiare a quelli che vediamo quotidianamente nei teatri della capitale ad opera di artisti professionisti. Una regia accurata, delicata e capace di toccare le corde del pubblico come’è nello stile di Marina Dore, attrice e regista teatrale, che si cimenta spaziando dal teatro di ricerca alle commedie; dallo stile inconfondibile per la ricerca e selezione delle musiche, per la cura nei movimenti, la pulizia delle coreografie e delle scene, semplici, toccanti, leggere e allo stesso tempo penetranti.
Uno spettacolo di un’ora che vola e contemporaneamente commuove gli spettatori di ogni età, da chi alcuni momenti storici li ha vissuti a chi li ha solo sentiti raccontare, a chi li sente scorrere dentro perché nonostante tutto sente di essere italiano e sente che qualcosa vive in lui da molto tempo, la storia; la storia di chi per questo Paese ha dato la vita, chi ha lottato per un ideale, chi ad oggi non ci crede più e chi vuole crederci.
Ad essere in scena sono dei ragazzi del liceo, quegli stessi ragazzi che spesso si pensa non abbiano nulla da dare ed invece in questo lavoro hanno dimostrato una capacità tecnica altissima: dallo sguardo mai casuale ai movimenti puliti, perfetti, dall’uso dello spazio scenico alla dolcezza e serietà nei racconti, sino alle musiche cantate e suonate con abilità; veramente toccante il momento di una delle canzone tradizionali degli anni della guerra dove gli attori lasciavano trapelare la loro timidezza senza alcuna barriera: la guerra di Piero, Bella Ciao…
Parte integrante e anch’essa protagonista la danza del tempo che avvolge in rewind la storia letta dal presente al passato; movimenti geometrici, non fluidi, spezzati che evidenziano il riavvolgersi meccanico del Tempo e i filmati…pochi, toccanti come solo alcune immagini possono essere.
Un lavoro bello, uno spettacolo che non dovrebbe terminare il suo percorso in una singola serata poiché molto ha da dire e da risvegliare. Uno spettacolo nato nella scuola, grazie ad una professoressa che crede nei suoi allievi, nella possibilità dell’arte di tirar fuori da ognuno la parte bella e creativa.

Liceo Scientifico Statale Teresa Gullace Talotta - Piazza Cavalieri del Lavoro 18, 00173 Roma

Articolo di: Laura Sales

venerdì 3 giugno 2011

Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine

Donna eccezionale, artista per necessità, “carnefice nell’arte, vittima nella vita”, così si definisce questa grande donna, tra le più grandi artiste del secolo.

Ma.Di.Ra e Teatroevoci s.r.l. presentano
LOUISE BOURGEOIS: FALLI, RAGNI E GHIGLIOTTINE
(98 anni e mezzo di vita d’artista)
scritto e diretto da Luca De Bei
con Margherita Di Rauso
costumi Lucia Mariani
assistente alla regia Fabio Maffei
aiuto regia Margherita Vicario
foto Pietro Pesce

Un monologo teatrale della durata di cinquanta minuti tutto incentrato sulla bravura dell’attrice Margherita Di Rauso che incarna perfettamente questa donna vissuta per quasi cento anni. Una donna difficile, un gigante dalle emozioni difficili, contraddittorie e dalla fragilità lacerante. Un’artista giunta all’arte da una viva e forte necessità interiore di cui era ben consapevole. Pronta a divorare, manipolare, violentare, strattonare la materia così come la vita ha fatto con lei, con il suo essere nata donna.
Lucida nella sua follia, folle nella sua lucidità e auto-analisi. Geniale e lunatica. Umile e solitaria. Comunicativa e schiva. All’interno della sua personalità complessa si incastrano alla perfezione gli opposti, le contraddizioni. Contraddizioni di una lunga vita, scritte dentro di lei dal gene ereditario e da lei trasformate in opere d’arte. Una grande artista, voce della donna, straordinaria interprete del femminile
Fare arte è un atto di sopravvivenza. Una garanzia di salute mentale. La certezza che non ti farai del male e che non ucciderai qualcuno".
Un’artista che divora attraverso l’arte il proprio tempo, creatrice di sculture intense, agghiaccianti, sconvolgenti, grottesche, rivelatrici di una personale visione del mondo, della realtà, dell’altro, del maschile. Diventata famosa per i falli con cui si fa fotografare come fossero baguettes o ombrelli (il maschile, il padre) e per i ragni monumentali, sotto i quali ci si sente vulnerabili, piccoli e allo stesso tempo protetti (la madre).
Louise Bougeois è il simbolo di un secolo contrassegnato da numerosi turbamenti, desideri repressi ed ora manifesti, orrori, follie interne che necessitano di parola, di verità e la ricerca di una verità che non può essere solo comandata dalla tradizione ma va cercata, decifrata, rovesciata, derisa.
E’ l’artista che da vittima diviene carnefice, da depressa a frenetica, da frenetica a immobile, da creativa a riflessiva. Una donna, un’artista per sua natura estremamente teatrale, non più solo una donna ma un personaggio, un personaggio che bene si presta ad essere messo sul palcoscenico; un personaggio a cui Margherita Di Rauso offre il suo corpo e la sua voce, e dal primo momento si assiste ad una vera metamorfosi: ci si dimentica della scissione attore-personaggio e sembra di essere davanti ad una scultrice, che sappiamo essere morta, ma che sembra tornata per noi; davanti al pubblico, in carne ed ossa, con la sua ironia, la sua provocazione, la sua fragilità e voracità per la vita. Sul palco, sotto il palco, a pochi passi dalla prima fila si denuda, si sfoga, si racconta e si prende in giro lanciando la sua personale lettura di se stessa e delle sue opere, della sua necessità di creare, del suo essere un personaggio amato ed odiato.
Davanti al pubblico in un eterno presente tutto avviene solo con il potere della parola, di una parola che non è mai racconto della storia di qualcun altro, ma parola che decodifica, esplica, guida, decifra la realtà, vive la realtà.
Questo spettacolo in cui si racconta la vita di un’artista che incarna in sè le varie fasi della vita: bambina, donna, vecchia, è una rara perla teatrale.
E’ un momento di arte forse irripetibile in cui l’attrice scompare per fare posto alla creazione. Una creazione che si modella con la stessa forza e resistenza del materiale usato per fare sculture. Non materia molle e flessibile, ma sostanza con una propria anima.
Dallo scontro delle anime di due donne, quella dell’artista Margherita Di Rauso e quella di Louise Bourgeois, nasce questa scultura meravigliosa, toccante, forte e penetrante in cui c’è spazio per l’occhio e la sensibilità di ogni spettatore; per i ricordi e la voglia di riscatto che appartiene all’essere umano.
Un racconto che è specchio di un’individualità, “la mia arte si nutre di tristezza e paura” e allo stesso tempo codice interpretativo per l’universalità.

Teatro Quirino - via delle Vergini 7, Roma
Autogestito 2011, Rassegna di teatro Indipendente Giovane Curioso Civile
Serata unica 28 maggio 2011 ore 22.15

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Paola Silvia Rotunno e Francesca Melucci, Ufficio Stampa Teatro Quirino

Le mie recensioni su SaltinAria: A pezzi



A PEZZI
Un manuale di anatomia per le nuove (de)generazioni
Progetto di videoproiezione e performance dal vivo
di Salvatore Insana e Elisa Turco Liveri
Voce e performance Elisa Turco Liveri
Elaborazione audio/video e testi Salvatore Insana
Disegno luci Giovanna Bellini
Organizzazione Flavia Passigli
Produzione Atelier Meta-Teatro - Dehors/Audela

Due linguaggi a confronto, due linguaggi che si integrano e si sfidano in questa performance che si presenta come un manuale di anatomia distorta, macabro e allo stesso tempo realista oltre il reale. Quel reale che si incontra quando si scava oltre la superficie e il cui nodo centrale è la frammentazione.
A pezzi, composti da pezzi. A pezzi perché esausti; a pezzi perché impossibile una forma di comunicazione vera tra mente e corpo; a pezzi poiché separati dalla nascita, incapaci di entrare in contatto con la totalità di noi stessi; a pezzi perché sconnessi, disintegrati dal sociale; a pezzi perché limitati; a pezzi perché settoriali, specifici; a pezzi perché superficiali; a pezzi perché come la bambola prima o poi facciamo cadere la testa e ci rompiamo; a pezzi perché i nostri occhi non si apriranno più bene e a fatica si chiuderanno; a pezzi perché ci sentiamo tirare in varie direzioni e ogni parte di noi tende verso una sola. A pezzi o senza più pezzi; perché noi, i pezzi di ricambio non li abbiamo.
La scena fatta di elementi essenziali, poche luci, mattoni, parti di bambole è il mondo in cui si muove con grazia, leggerezza e tecnica Elisa Turco Liveri.
Un corpo, quello dell’artista meravigliosamente armonioso, presente, fluido e allo stesso tempo rigido da occupare da sola tutta la scena, ogni angolo del palcoscenico.
Un corpo da cui non si staccano mai gli occhi dello spettatore e lo si vede dialogare con i video, eseguire comandi, giocare, lasciarsi stupire; un corpo che nonostante la rigidità lo si vede anche soffrire, morire ma, soprattutto, farsi a pezzi.
Un corpo, un movimento, una danza generosa, quasi incorporea nel suo essere totalmente corpo da cui si distacca momento dopo momento la mente, il pensiero e si fa spazio una linea di demarcazione che non si può incollare. La testa, lei si distacca per prima dal corpo eppure è l’ultima a lasciarsi andare in quella danza vorticosa che la porterebbe a volare via, ad occupare un altro spazio come nel bellissimo pezzo di danza vorticosa con le teste appese.
Una performance di breve durata dove ogni elemento occupa lo spazio giusto e concorre alla riuscita di un grande lavoro artistico dove i video, le luci, il corpo, gli elementi scenici sono pezzi di un unico insieme.
Un insieme riuscito, creativo e di alto livello artistico.

Atelier Meta Teatro - via Natale Del Grande 21, Roma
Orario spettacoli: dal 18 al 21 maggio, ore 21 e 22.30
Biglietti: 10.00 € - 6.00 €

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Flavia Passigli

Dal 18 al 21 maggio. Il corpo umano, con ognuna della sue parti, utilizzando il suo specifico linguaggio, quello dei movimenti, entra in contatto con il linguaggio dei video. Partendo dai piedi e giungendo alla testa il corpo fa il suo viaggio; un viaggio attraverso le parti di sé. Un viaggio quasi guidato ed imposto dai video, dalle immagini e dalla voce off.

Le mie recensioni su SaltinAria: tutti insieme abbondantemente

Dal 3 al 22 maggio. Marisa Laurito sbarca al Sistina con il suo nuovo show “Tutti insieme abbondantemente” per festeggiare i suoi trentacinque anni di carriera. Uno spettacolo specchio dell’amore, della passione e del divertimento di chi lo ha realizzato

TUTTI INSIEME ABBONDANTEMENTE
di Marisa Laurito
con la partecipazione straordinaria di Giulio Farnese
Con The Pagnottell Ballett: Valeria Iaquinto, Gelsomina Troiano, Annarita De Pascale e Alice Sentieri
Il Duo Baguette: Antonella Melito e Benedetto Dionisi
The Kiavich Orchéstra, composta da 7 solisti
regia ManuelaMetri
direzione musicale Fabrizio Romano
arrangiamenti Tonino Esposito
inediti di Carlo Marrale, Andrea Mingardi e Fabrizio Romano
costumi Graziella Pera
scene Cappellini & Licheri
luci Pietro Sperduti
coreografie di Evelyn Hanack

Uno spettacolo dalla trama esile, povera, quasi impercettibile: un produttore senza soldi (Giulio Farnese) alla ricerca di facili guadagni tenta di dominare, senza alcun esito positivo, Marisa con false promesse di successo all’estero.
Uno show che raccoglie frammenti di canzoni, momenti vissuti, vita e atmosfere del passato, di un tempo così diverso e lontano dall’oggi. Un tempo che grazie alle musiche, alle danze, ai colori e alla bravura della Laurito, ma anche delle “pagnottelle” ballerine rivive davanti agli occhi degli spettatori e con essi.
Marisa Laurito, da vera artista quale è, popolare e amata dal pubblico italiano, è in questo lavoro una vera e propria “show woman”, con una grande verve, una passione e un’energia contagiosa.
Una compagnia, quella che con lei condivide il palcoscenico, energica e vitale; le ballerine, ottime sia nelle coreografie che nelle parti cantate, seguite e guidate dalle musiche di una simpatica e brava orchestra, che non è mai sfondo ma interprete vero e proprio di questa festa fatta di colori accesi, luci e costumi.
Un’ ora e trenta di spettacolo giocato sopra le righe, con tutta l’energia possibile e la professionalità di cui solo chi ama veramente l’arte è capace. Uno spettacolo che vuole essere chiaramente uno show, che non ha la pretesa di essere altro e proprio per questo molto bello.
Uno spettacolo in cui il pubblico italiano non più giovanissimo si trova con gli occhi fissi sul palco e il sorriso sulla bocca, pronto a cantare le canzoni che conosce e fanno parte dei ricordi e ad esibirsi quando è richiesto.
Gli ingredienti vincenti di questo show sono quindi tutti sul palco: una “show woman” in carne, quattro ballerine “pagnottelle” generose non solo nel fisico ma anche nella voce e nel sorriso, un’orchestra eclettica, composta da ottimi solisti, sempre vibranti, diretta magistralmente da Fabrizio Romano con gli arrangiamenti del maestro Tonino Esposito che regalano allo spettacolo rigore e passione, le musiche che spaziano attraverso varie epoche eseguendo con maestria famose melodie napoletane, brani degli anni venti, del varietà, composizioni del maestro Piovani e canzoni inedite scritte appositamente per questo show da Andrea Mingardi e Carlo Marrale e i costumi di Graziella Pera, una nota di stile, sopra le righe, ricchi di forza, colore e luce che rispecchiano in pieno il clima dello spettacolo.
Uno spettacolo divertente e che ci porta un po’ indietro nel tempo a quella semplicità e leggerezza degli artisti che non pensavano troppo alla linea e all’apparenza, ma che con l’arte ci si confrontavano e ci giocavano.

Teatro Sistina – via Sistina 129, 00187 Roma
Per informazioni: telefono 06/4200711
Orario del botteghino: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 19, domenica dalle 11 alle 18; prenotazioni telefoniche al numero 06/42007130 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 14
Orario spettacoli: dal martedì al venerdì ore 21, sabato ore 17 e ore 21, domenica ore 17, lunedì riposo (giovedì 19 maggio in scena anche una replica pomeridiana alle ore 17)
Biglietti: poltronissima (da 31,00€ a 40,00€), poltrona (da 28,00€ a 37,00€), I Galleria (da 29,00€ a 38,00€), II Galleria (da 24,00€ a 32,00€), III Galleria (da 19,00€ a 26,00€)
Promozione speciale a 25 euro in platea e 15 euro in galleria per gruppi, studenti, over 60, “Pagnottelle e Pagnottelli” e, in occasione dell’8 Maggio, per tutte le mamme!
tutti i prezzi indicati sono al netto della prevendita

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Massimo Natale, Ufficio Stampa Teatro Sistina